I paesi membri sprecano i fondi UE


1/15 marzo 2002 
Non mi stanco mai di ripetere che noi deputati europei siamo un pò degli autotrasportatori itineranti. Prima di tutto perché ci troviamo ad avere dei collegi enormi, per cui per informare l'opinione pubblica sul nostro lavoro in Europa siamo costretti a girare senza sosta in un'area molto vasta. Per quanto mi riguarda, ad esempio, percorro una media di 10 mila km al mese. Però ritengo anche doveroso sottolineare che, dopo anni di scarsa attenzione, l'Italia in questa legislatura ha cominciato a dimostrare di poter ricoprire ruoli importanti con grande competenza e con un notevole contributo di idee. Oggi, infatti, anche il nostro Paese dà grande importanza a organismi come la Convenzione, segue con attenzione il succedersi delle normative, aspira a ricoprire ruoli e incarichi di responsabilità. Tutte cose, naturalmente, che ci fanno ben sperare per il futuro del nostro Paese. Tuttavia, non posso nascondere, che ancora oggi alcune notizie che arrivano dalla Penisola sono tutt'altro che confortanti. Mi riferisco in particolare ai dati esaminati pochi giorni fa dalla Commissione Bilanci dell'Europarlamento, di cui sono vicepresidente, e che riguardano l'utilizzazione dei fondi europei da parte degli stati membri. Le cifre a nostra disposizione ci dicono infatti che, dal portafoglio dei fondi destinati a finanziare nuove iniziative, sono avanzati ben 10 miliardi di Euro e che questi soldi devono essere restituiti ai Quindici. Naturalmente, non si tratta di un successo. Al contrario: si tratta di un grande fallimento. Perché significa che molti dei programmi che i singoli Paesi volevano realizzare sono rimasti al palo o peggio ancora sono finiti nel dimenticatoio. Cifre alla mano, ci ritroviamo con il 15 per cento del bilancio europeo che risulta inutilizzato. E l'Italia, purtroppo, non sfugge a questa triste statistica. Anzi, tra i Paesi che non utilizzano al meglio i fondi europei, ha l'onore di occupare il primo posto in classifica. Basti pensare entro il 2006 abbiamo a nostra disposizione 60 mila miliardi da investire in nuove iniziative e programmi e che purtroppo rischiamo di perdere una buona fetta di questa torta per diverse ragioni: perché manca la dovuta informazione sull'esistenza di questi stanziamenti e sulla loro possibile utilizzazione; perché siamo ancora vittime della mentalità che ci ha portati per anni a convivere con strutture come la Cassa del Mezzogiorno e con i finanziamenti a pioggia; e infine perché le strutture pubbliche non sono pronte a sfruttare questa occasione.
Mi rendo conto che questo problema, pur essendo grave, non rappresenti una novità assoluta. Infatti, è risaputo da tempo che l'Italia in particolare non sfrutta a pieno le risorse messe a disposizione da Bruxelles. Ma è anche vero che quello che finora era un grave difetto, presto, e se non cambieranno le cose, si trasformerà in un vero e proprio handicap dalle gravissime conseguenze. Ricordiamoci infatti che l'Europa sta andando verso l'allargamento, che entro pochi anni gli stati membri passeranno da 15 a 25 o 27. Dunque, se i vecchi stati membri come l'Italia non creano ora nuove iniziative economiche e dunque nuove occasioni di lavoro, cosa succederà tra breve quando i nuovi stati membri come la Polonia e Ia Repubblica Ceca, dove il costo del lavoro è notevolmente più basso, attireranno irresistibilmente l'attenzione degli investitori?
Ma vi è un secondo problema, quello delle infrastrutture. Ne parlo a ragion veduta visto che sono relatore sia del progetto Ten che Galileo. Bene, per quanto mi riguarda aumenteremo i finanziamenti dal 10 al 20 per cento a fondo perduto. Per la parte progettuale aumenterò fino al 50 per cento a fondo perduto. Ma non è finita qui. Il mio invito è a presentare progetti esecutivi. E questo nei settori ferroviario, autostradale e portuale. 
Non vorrei che si perdesse questa occasione. Soprattutto considerando che i fondi stanziati e non utilizzati non possono più essere restituiti, ma vanno destinati ad altre iniziative intraprese da altri Paesi. Dunque, sarebbe davvero imperdonabile perdere questa grandissima occasione.
Infine, per quanto riguarda ii progetto Galileo per le telecomunicazioni, daremo l'abilitazione a 1,1 miliardi di Euro. Daremo ai privati la possibilità di entrare nel programma con un minimo di investimento a 1 milione di Euro e con un massimo del 20 per cento. Però purtroppo, a due anni dalla presentazione del progetto, ci fosse stata una sola impresa italiana che avesse fatto anche una semplice dichiarazione di interesse a partecipare al progetto Galileo.
Infine, vi è un altro problema importante sempre legato all'argomento e allo stanziamento dei fondi. L'Italia, e in particolare il Mezzogiorno, perderà davvero questi stanziamenti a favore di nuovi Paesi membri ritenuti più bisognosi di aiuto? Per quanto mi riguarda sostengo che sia necessario cambiare i criteri di assegnazione. E in particolare chiedo che il primo parametro, da aggiungere al parametro di riferimento del Pil, sia quello del tasso di disoccupazione. Chiedo che ii secondo parametro sia il tasso delle infrastrutture presenti nelle singole aree. Chiedo infine che il terzo parametro sia il numero di servizi presenti nelle aree stesse. Solo così avremo una visione realistica e particolareggiata delle realtà presenti nelle singole aree, solo così, per quanto riguarda il nostro Paese, potremo far emergere le differenze importanti esistenti fra Nord e Sud d'Italia, facendo rientrare il Mezzogiorno tra le aree idonee a ottenere i fondi europei.